UNIRE LE FORZE !
(lettera al movimento
comunista d'Italia)
Una malattia lunga e spossante affligge
il movimento comunista in Italia. E' un male che si manifesta con i sintomi cronici
della disunione, della disgregazione, del disorientamento, ed ha le sue cause
nei difetti ideologici e nelle costanti deviazioni verso il revisionismo e l'
estremismo. La disgraziata mancanza
di unità fra i comunisti fa sì che si perpetui il localismo, il primitivismo,
l' economicismo, l' impossibilità di dar vita ad una vasta azione politica fra
la classe operaia e gli altri strati oppressi dal capitalismo. Ciò non solo
rappresenta un fatto penoso e disdicevole
per tutti i sinceri rivoluzionari, ma è anche un fatto che avvantaggia indubbiamente la borghesia. Di questo male che si protrae da troppo
tempo e con mille ricadute, di questo cancro che impedisce al movimento
comunista di respirare e di procedere spedito, dobbiamo condurre
una diagnosi spietata e scovare la giusta terapia che ci aiuterà a guarire
collettivamente ed aprire la strada al Partito.
IL PARTITO E' IL COMPITO PRINCIPALE !
Nel nostro piccolo intendiamo
partecipare attivamente al dibattito in corso ed al processo di costruzione del
reparto di avanguardia del
proletariato, ed in questo senso va il presente contributo, che forma un tutt'
uno con le posizioni già espresse di
fronte al movimento comunista ed operaio.
Riteniamo che il Partito sia il
problema fondamentale che spetta ai
comunisti sciogliere. Ne siamo convinti
perché chiunque può facilmente vedere che la classe operaia non
solo manca di una guida politica, ma
non è neanche sufficientemente attrezzata per il nuovo periodo di lotta di
classe che sta davanti a noi.
La questione del Partito, forma suprema
dell' organizzazione di classe, non può essere concepita e risolta al di fuori
di una analisi del movimento,
dello sviluppo, incruento o aspro,
della lotta di classe e non può essere trattata altrimenti che in modo
scientifico.
Il periodo attuale vede la sconfitta
momentanea del socialismo, la sua
temporanea ritirata dopo il primo vittorioso assalto al cielo che ha
caratterizzato lo scorso secolo. La
rivoluzione, il socialismo, lo sappiamo, non procedono per strade rettilinee.
Il processo storico è fatto di avanzate e di ritirate, di flussi e di
riflussi, di vittorie e di cocenti sconfitte in cui il proletariato plasma se
stesso come classe egemone.
Attualmente siamo in una fase di lento risveglio, di una rianimazione ed
una iniziale mobilitazione del
movimento operaio a livello internazionale, che procede dalle precedenti sconfitte e dalla
conseguente demoralizzazione. Una ripresa
in chiave ancora difensiva, che avviene sotto la spinta della feroce e
globale offensiva imperialista - tutt' altro che conclusa - e va avanti ad ondate successive, con
momenti di slancio e di
depressione, progredendo verso la controffensiva di classe.
Il sistema imperialista, dopo il crollo
del socialimperialismo, non è infatti entrato in una fase di stabilità, non
siamo alla "fine della storia" come proclamano gli apologeti
idealisti del grande capitale. Siamo invece all' inizio di un periodo di
instabilità, di conflitti e di caos.
Certo, la borghesia monopolista è riuscita finora a ritardare la sua
disfatta storica, anzitutto evitando la rivoluzione in occidente, ma la
contraddizione fondamentale del sistema capitalistico - quella fra le moderne
forze produttive enormemente sviluppatesi e gli angusti, caduchi rapporti borghesi di produzione - si acuisce
e lacera sempre più l' intera società.
Intanto che si approfondiscono tutte le
contraddizioni proprie dell' epoca imperialista, mentre si aggravano e si
accelerano le crisi da sovrapproduzione
e finanziarie, mentre assistiamo ad una inaudita centralizzazione dei capitali
ed alla lotta a coltello fra i monopoli, fra i settori in ascesa e in declino,
con i conseguenti fenomeni e
processi a livello
politico-statuale, le basi materiali
della rivoluzione proletaria sono divenute più mature e sviluppate, ponendo la causa del socialismo ad un livello più
avanzato.
Il corso degli avvenimenti nel mondo
intero, lo sviluppo della classe operaia su scala mondiale (gli operai sono più
di un miliardo !) confermano per intero la dottrina marxista-leninista e
dimostrano una volta di più la funzione del proletariato nello sviluppo storico. Più in generale
possiamo affermare che il proletariato,
dopo l' esperienza di questo secolo, che lo ha visto al potere per circa quaranta anni e che ha modificato
profondamente la realtà mondiale, riparte da un gradino più alto nella sua lotta contro la classe dominante (e
ciò richiede senza dubbio una elaborazione teorica corrispondente al livello di
sviluppo raggiunto dalle forze produttive, basti pensare alle scoperte
scientifiche degli ultimi anni, veri e
propri giacimenti aurei del materialismo dialettico).
Del prossimo futuro, del nuovo periodo
di guerre e di rivoluzioni, scorgiamo
attualmente le avvisaglie nell' attacco forsennato che la borghesia e tutte le
forze reazionarie stanno perseguendo ai danni del movimento operaio, nelle
sempre più frequenti e pesanti aggressioni armate dell' imperialismo contro i
popoli del mondo. Una ondata reazionaria, con al centro il principale nemico del proletariato e dei popoli - l'
imperialismo USA - che ha già
portato allo smantellamento di
numerose conquiste raggiunte nel periodo
passato ed al ritorno della guerra imperialista in Europa.
E' evidente che la classe dominante -
sotto la spinta della crisi generale e permanente del suo modo di produzione e
consapevole del fatto che sta perdendo le sue basi sociali e le sue riserve -
vuole spezzare lo stato di equilibrio precedente tra le classi, vuole far
arretrare e dividere le forze che la seppelliranno impedendo al proletariato di
organizzarsi e di lottare.
Borghesia e proletariato sono quindi
obbligati ad entrare in conflitto aperto ed acuto tra loro e riposizionarsi
sull' arena nazionale ed internazionale. Per questo entrambe le principali classi
antagoniste dell' attuale società hanno la spasmodica esigenza di concentrare le loro forze a livello politico.
Il periodo precedente, il periodo del
bivacco parlamentare e del tran-tran elettorale, delle illusioni
riformiste e della "coesistenza pacifica", del rammollimento delle
classi e delle rendite di posizione sta finendo ed un nuovo periodo della
storia mondiale sta cominciando.
Non sappiamo dove e come si
scateneranno le prossime tempeste, dove si produrrà il salto di qualità. Certo è che a causa della
interconnessione dell' economia mondiale le conseguenze delle prossime
rivoluzioni produrranno effetti più profondi ed estesi rispetto al passato.
Diamo ora un fugace sguardo al nostro paese. Anche qui matura
sotto i nostri occhi una crisi politica di enorme portata. La
decomposizione di tutti i partiti borghesi procede ininterrottamente. Cresce la
sfiducia, il distacco dalle fradice istituzioni borghesi mentre la classe
dominante tenta di portare avanti una stabilizzazione forzata del sistema
politico ed una trasformazione reazionaria dello stato. La crisi economica, gli
attacchi al salario, ai diritti sociali,
la "flessibilità", l' impoverimento di vaste masse stanno
provocando un inasprimento della lotta economica fra le classi. I segnali di
ripresa sono evidenti e non c'è "patto sociale" che potrà reggere.
Molti sfruttati oramai comprendono che il riformismo con la sua politica
ingannevole non frena l' attacco capitalistico e non riesce nemmeno a erigere
un valido argine difensivo. Al contrario spiana la strada alle forze reazionarie spostandosi sempre più a
destra.
I governi di centrosinistra succedutisi
negli ultimi cinque anni hanno
sostenuto a spada tratta gli interessi imperialisti della borghesia
italiana, offrendo i loro servizi al capitale internazionale. Con la paralisi
imposta alla classe operaia hanno sostanzialmente proseguito la politica delle
destre, anticipandone per molti aspetti il loro ulteriore proseguimento da
parte di Berlusconi, Bossi e Fini, sfacciatamente sostenuti da Confindustria e
Vaticano.
In questo contesto le forze socialdemocratiche e
interclassiste, che predicano la "pace sociale", sono destinate a
dissolversi (hanno già cominciato a farlo) ed il proletariato a riorganizzarsi,
a dotarsi di una politica classista, pena il suo divenire carne da macello per
la borghesia imperialista.
Questi fatti, il mutamento decisivo che
deriva dall' aprirsi di un nuovo periodo non più dominato dallo sviluppo
pacifico e dalle lotte parlamentari, dall'opportunismo e dalle illusioni
istituzionali, bensì dalla lotta di classe aperta, dimostrano l' importanza, l'
urgenza della creazione del Partito indipendente della classe operaia, la
necessità di dotarsi dello strumento
fondamentale che il proletariato ed i suoi alleati hanno sia per la difesa degli interessi quotidiani, sia soprattutto per il
conseguimento della missione storica della classe operaia.
E' il corso stesso della lotta di
classe a porre di fronte alla classe sfruttata
compiti radicalmente nuovi, irrisolvibili con i precedenti strumenti
politico-organizzativi. La classe operaia non può aspettarsi nulla dalle altre
classi. Il dilemma della sua organizzazione e della sua emancipazione è affar
suo. Da ciò deriva la necessità che la classe operaia stessa si renda politicamente
autonoma costituendosi in Partito, all' interno di una di una generale
riorganizzazione e rigenerazione dei propri istituti di classe. A tale livello è la risposta
che il proletariato deve mettere in campo di fronte al nuovo assetto
aggressivo del proprio nemico di classe.
La grande responsabilità che incombe
sui comunisti risiede proprio nell'
assicurare al più presto alla classe operaia una direzione unica. Questa è la
condizione fondamentale per la organizzazione e la mobilitazione sempre più
vasta delle forze di classe, per la
preparazione rivoluzionaria
degli sfruttati al nuovo
periodo, per occupare una posizione che non è stata raggiunta da molti decenni
a questa parte.
Il dovere
di tutto il movimento comunista, è quello di unirsi al movimento reale
appoggiando la lotta della classe operaia; cooperando alla sua organizzazione per respingere la offensiva brutale e multiforme del capitalismo, sostenendo ogni moto
rivoluzionario diretto contro I' ordinamento esistente. Questo aiuto consiste
anzitutto nello sviluppare la coscienza di classe del proletariato, additando
lo scopo finale della lotta. Consiste nel preparare sotto ogni punto di vista la classe operaia ad affrontare lo scontro con la borghesia dipanando
il nodo principale: la conquista
del potere politico.
La
questione strategica della rivoluzione è dunque quella di ordinare la classe operaia in Partito politico
autonomo e contrapposto a tutte le forze borghesi. Una necessità posta dall' offensiva
imperialista, dallo scontro di classe nel quale il proletariato non si è mai
ritirato, nel quale avverte sempre più
l' impellente necessità di emergere sulla scena politica, di far fronte ai propri compiti.
SOLUZIONI
AFFRETTATE E SBAGLIATE
A scanso di "ingenui"
fraintendimenti e contro ogni interpretazione forzata ed automatica dello
svolgimento concreto della lotta di
classe, è bene comprendere che il
proletariato non si costituisce in
partito politico "tutto in una volta", all' improvviso ed in modo perfettamente corrispondente alle
proprie esigenze di classe. Il processo di edificazione di un partito non segue schemi semplicistici
e meccanici. Ecco perché ci fanno sorridere le posizioni di chi afferma che
bisogna solamente "ricostituire" il Partito costituito nel '21 (o "restaurare" il
Socialismo in URSS); ecco perché critichiamo fraternamente tutti quei gruppi
locali o "nazionali" che si
autodefiniscono Partito, sia quelli che dicono di aver operato tale scelta
per dare "un contributo"
alla soluzione del problema, sia
coloro che lo fanno "per assumersi una responsabilità di fronte
alla classe operaia", sia infine
quelli che vogliono soltanto piazzare una bandierina prima degli
altri. Una bandierina che in molti casi
è assai gradita ed utile alla borghesia per spaccare qualsiasi unità potenziale, dividere e … imperare.
Secondo noi c'è una sola classe operaia
e ci deve essere un solo vero Partito comunista. Chi oggi sostiene soluzioni
affrettate e sbagliate, chi si chiama "partito" senza possederne gli attributi essenziali - in
primo luogo l' appoggio determinante della classe operaia - da prova di
immaturità politica, rafforza
solo il sistema dei circoli, il frazionismo, pone ostacoli supplementari al
processo di unificazione in quanto più difficilmente rinuncerà al proprio
"status", più difficilmente si
scioglierà, si fonderà in un vero Partito.
La faccenda è assai più complessa di
come la prospettano alcuni compagni che
non vogliono fare i conti con la realtà. Il processo di formazione dell'
organizzazione politica di una classe subalterna e del suo gruppo dirigente non
avviene "a tavolino" e nemmeno per decreto. Può darsi solo nel corso
della lotta di classe, nel corso degli
avvenimenti turbinosi che scuotono l' intera società, quando le questioni
decisive, cruciali si pongono in modo imperioso e ineluttabile. Allora si
verifica un capovolgimento di posizioni, si formano gli schieramenti, le
divisioni, che danno vita ad un vera organizzazione
politica della classe. Solo allora
potremo rialzare la bandiera del Partito, possedendo tutte le condizioni per portarla avanti e tenerla in
alto.
Questo significa forse che dobbiamo
starcene con le mani in mano aspettando il cambiamento della situazione
generale ? Significa forse che dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla
formazione di un cenacolo di quadri intellettuali, rispettando la lettera del marxismo ma tradendone la sostanza,
quella di essere una guida per l' azione, quella di essere una teoria
rivoluzionaria che non può esistere se non in connessione con la lotta
proletaria ? No, commetteremmo davvero un errore imperdonabile!
Oggi abbiamo il dovere di gettare le fondamenta del Partito comunista del
proletariato del XXI secolo superando il frazionismo, il "campanilismo"
e l' immaturità politica dei vari gruppi, facendo convergere tutti gli sforzi verso la costruzione una
organizzazione nazionale che, colmando le gravi lacune esistenti, realizzi i presupposti per la
effettiva edificazione del Partito, che
possa adempiere fin da subito al suo
ruolo coniugando il socialismo
scientifico con il movimento operaio.
Dobbiamo cioè forgiare i prerequisiti
ideologici, politici, organizzativi e programmatici per avvicinare l' ultimo
gradino del processo: la fondazione di
un forte e genuino Partito comunista in
Italia che assumerà la posizione che gli spetta nei ranghi del movimento comunista internazionale.
La classe operaia non può aspettare che le beghe tra i vari gruppi la
privino della sua organizzazione di
avanguardia, della sua funzione politica autonoma. Di fronte all' offensiva
sempre più minacciosa del capitale, di fronte alla caporetto riformista,
dobbiamo convogliare tutte le energie
sane per ridare alla classe operaia una guida all' altezza della situazione.
Riconoscere che serve come il pane una
direzione rivoluzionaria in grado di elaborare una piattaforma politica della
lotta anticapitalista nel nostro paese, di mobilitare, organizzare e
dirigere il proletariato ed i suoi
alleati, significa prima di tutto
ammettere che oggi una simile direzione - che riunisca in se quegli
elementi qualitativi, prima ancora che quantitativi, indispensabili per andare al partito - non c'è.
Comprendere ciò significa scartare l'
ipotesi che il partito possa costruirsi
attraverso una progressiva confluenza all' interno di una delle organizzazioni
o gruppi attualmente esistenti, in quanto nessuno di essi possiede gli
"attributi", le capacità teorico-pratiche per porsi come embrione del
Partito.
Una riprova di ciò è il fatto che a
dispetto della rivalità e della
competizione fra i vari gruppi nessuno è riuscito a prevalere sugli altri,
nessuno è riuscito a assorbire gli altri. Ciò significa che dobbiamo criticare
la concezione dello sviluppo "autocentrato" in cui incorrono numerosi
compagni, che nel tempo si è dimostrata palesemente sbagliata. Questo
atteggiamento ha permesso il consolidamento in talune realtà di una sorta di
presunzione politica per cui il Partito viene visto nascere esclusivamente
dallo sviluppo della propria organizzazione. A causa di ciò alcuni compagni,
con un comportamento altezzoso e
sprezzante, finiscono per escludere a priori il confronto con altre forze che
pure si muovono sullo stesso terreno. Con i bei risultati di confinarsi ai
margini della lotta politica, di essere sempre più fini a se stessi e di mantenere un alto tasso di
spezzettamento tra i sinceri comunisti.
Per molti versi la situazione è ancora caratterizzata da quel
"dogmatismo storico", da quella "sana partigianeria" che,
se era una necessità nel periodo di strenua difesa del marxismo-leninismo dagli
attacchi del revisionismo imperante, ha anche generato la consuetudine a tenere
i compagni chiusi nelle scatole di
vetro dei gruppi isolati, delle piccole comunità ristrette, ha prodotto la
cristallizzazione di tendenze autoreferenziali e settarie. Pessime abitudini
che se
perpetuate intralceranno la nascita, lo sviluppo e la affermazione di
una vera forza politica del proletariato.
L' unione dei comunisti, l'
aggregazione e la fusione dei gruppi su una precisa piattaforma ideologica ed
organizzativa e la formazione di un unico partito dotato di una solida unità e
di una combattiva linea politica sono
una necessità urgente ed imperiosa che ogni comunista deve sostenere con
spirito libero da deleterie incrostazioni e settarismi inconcludenti.
Attuare questo compito non è una
impresa facile. Bisogna superare i grandi scogli emersi e quelli subacquei che
una borghesia sordida come quella italiana
ci pone e ci porrà davanti, dal momento che tutti i suoi sforzi saranno tesi ad impedire la formazione di un
Partito politico indipendente del proletariato, che teme più di ogni altra
cosa. Bisognerà superare la tendenza
alla divisione, alla scissione, raggiungere quella massa critica oltre la quale
si innescherà un processo di accrescimento più rapido, l'' avvio di una
reazione a catena che ci porterà ad uno
stadio superiore, che permetterà quella "soluzione.di continuità" che
chiameremo Partito.
UNA SITUAZIONE CRITICA, NON DISPERATA
Avviare questo processo significa prima
di tutto partire dall' analisi concreta della situazione concreta, guardando in
faccia la realtà per quello che è.
Quattro decenni sono passati da quando
i primi gruppi di compagni, criticando
il ripugnante tradimento kruscioviano,
davano vita ad una attività organizzata
dei marxisti-leninisti nel nostro paese. La storia del movimento di cui
facciamo parte è stata una storia di fusioni e scissioni continue, di nascita
di nuovi gruppi e di sparizione di altri,
di tentativi di collegamento e di "splendidi isolamenti", di
appassionate discussioni e di disprezzo
reciproco.
Abbiamo alle spalle un lungo periodo
di dissidi, di tentennamenti, di
deviazioni in cui abbiamo visto di tutto: fughe estremistiche in avanti e
riflussi nella casa madre riformista o nel grembo dell' alta finanza (specie
degli intellettuali infatuati del marxismo come di una moda), neosindacalismo e
neotrozkismo, divisioni su divisioni.
Questa successione di vicende possiamo
anche descriverla come un lento, molecolare processo di selezione e di schieramento delle forze del
proletariato, in cui molti, presi dalla disperazione o perché hanno imboccato
vie sbagliate, sono rifluiti o caduti preda della borghesia. Una piccola parte,
sebbene debole e sparpagliata, è
rimasta sul terreno della lotta di classe e si accinge ad affrontare le
prossime battaglie.
Fermiamoci un attimo per
chiederci: Cosa ha provocato la attuale
frammentazione ? Cosa ha impedito finora la ricerca dell' unità ? Quali sono
attualmente gli elementi distintivi
delle organizzazioni e dei gruppi m-l in Italia?
Alla prima domanda dobbiamo rispondere:
sono stati gli avvenimenti e la lotta politica ed ideologica a livello
internazionale e nazionale. Il nostro paese è stato per anni un terreno di
scontro importante per l' egemonia tra le diverse correnti interne al movimento
operaio: qui vi era il più grande partito "comunista" dell' occidente
che aveva preso posizioni filo-Urss pur coltivando la sua "via nazionale
al socialismo". Oltre ad essere stata al centro delle manovre dell'
imperialismo USA, l' Italia è stata al centro della competizione Cina-Urss. Per
un certo periodo le posizioni cinesi,
insieme a quelle albanesi, hanno rappresentato la critica al moderno
revisionismo affermatosi dopo la morte di Stalin e la fiducia in una prossima
ondata rivoluzionaria a livello internazionale. Successivamente anche la Cina si è incamminata sulla strada
del revisionismo ed ha sostenuto mire
da superpotenza socialimperialista, in competizione con l' Urss ed in alleanza
momentanea con l' imperialismo Usa. Sia la Cina che l' Urss hanno favorito la
creazione di gruppi e frazioni che spesso rappresentavano una diretta
filiazione o un compromesso con correnti e ambienti revisionisti, hanno gestito
operazioni a tutto raggio nel movimento comunista. Per non parlare delle mille
manovre gestite dai togliattiani che
vedevano come il fumo agli occhi qualsiasi tentativo di organizzazione dei
marxisti-leninisti ed hanno sempre fatto di tutto per stroncarci.
Dunque la frammentazione, il marasma
attuale, sono conseguenze del predominio revisionista, delle condizioni generali di tutto quel periodo ed
ancora ben presenti. Divisioni che si sono cristallizzate nel tempo e hanno
prodotto tronconi ostili per "principio", anche se in molti casi di
"principio" avevano ben poco
essendo sorti sulla base di deviazioni e
deformazioni del marxismo-leninismo e comportando dunque il permanere dell' egemonia
revisionista.
D' altra parte è sempre stato presente, in tutto il movimento
comunista un desiderio sincero e profondo, specie tra i militanti onesti alla
base, di stabilire rapporti diretti per permettere un migliore lavoro teorico e
pratico comune, per consentire uno scambio di esperienze, un aiuto reciproco ed
un potenziamento delle attività di massa, per il superamento delle divergenze e
così arrivare all' unificazione. Questa giusta propensione - e qui veniamo alla
seconda risposta - sicuramente non era in se un elemento sufficiente per
raggiungere l' unità. Ma quel che è peggio è che tale tendenza positiva è stata
sistematicamente frustrata, depressa, da una serie di elementi negativi che
hanno caratterizzato in particolare l' operato dei dirigenti delle varie
organizzazioni, facendo fino ad ora prevalere . la tendenza al frazionismo.
Numerosi sono stati gli ostacoli posti
dai capi dei gruppi alla unione dei comunisti italiani: il loro personalismo e
la loro inimicizia personale, i rancori
e la mania del litigio, gli interessi di bottega e il prevalere degli elementi
più settari e irresponsabili, lo
squallido filisteismo e la boria di (micro)organizzazione. Tutte questi
detriti si sono accumulati per decenni
finendo per costituire un diaframma che ha impedito un ravvicinamento ed una
sintesi tra le posizioni. Un diaframma che va stato saltare con la forza
esplosiva della critica proletaria.
Ma ciò non è ancora sufficiente.
Dobbiamo portare avanti la disamina per
capire quali sono i fattori in comune tra le diverse realtà, se
esistono - oppure no - condizioni che accomunano,
che contrassegnano l' insieme del movimento comunista.
Ebbene questi elementi non sappiamo che
coglierli al negativo. Sono gli scarsi legami con le masse, l' estrema
debolezza, o per meglio dire l' inconsistenza politica delle diverse organizzazioni
e gruppi. Sono la scarsa assimilazione del marxismo-leninismo e l' ancora più
scarsa applicazione alla realtà italiana,
l' incapacità di portare i giusti principi nella lotta di classe che si
svolge sotto i nostri occhi, l' incapacità di esprimere una linea politica di
massa. E' la quasi completa mancanza di un lavoro positivo in mezzo alla classe
operaia. Ci saranno pure eccezioni locali, è vero, ma questa è l' amara realtà.
La verità è che stiamo ancora immersi
in un periodo di sbandamento organizzativo e politico. La scissione, la
frammentazione, la mancanza di legami duraturi e consistenti con la classe creano un terreno propizio per l' attività
di elementi antimarxisti, di trozkisti mascherati e di ultrasinistri che non
hanno nulla a che vedere con la teoria e la pratica del comunismo. Queste
circostanze, questi punti dolenti a
loro volta perpetuano la divisione ed
il disorientamento, tendono a spingere il movimento su strade sbagliate, favoriscono il gretto praticismo
ed il primitivismo, accentuano la tendenza all' isolamento, alla diaspora.
La situazione è dunque critica, ma non
disperata. Sebbene disperse in tanti rivoli esistono le energie, le
capacità, per superare le difficoltà
esistenti. Esiste una corrente
materialista, ci sono elementi
avanzati, quadri intermedi provati dalla esperienza, dalla pratica sociale, che
hanno retto ad una delle più pesanti
offensive anticomuniste della storia e sono
in grado di venire fuori dalle secche in cui la borghesia vorrebbe
lasciarci. Occorre trovare il modo per riprendere il largo, occorre cucire le
vele per sfruttare il vento che
riprende a soffiare più forte.
DUE PUNTI DI VISTA SULL' UNITA'
Dunque l' unione dei comunisti è
assolutamente necessaria e deve essere posta all' ordine del giorno. Questo
è il nocciolo del problema da risolvere
per far riprendere al proletariato la sua marcia verso il Socialismo. Ma quali
concezioni esistono al riguardo, come ci si può arrivare? Secondo noi
esistono due punti di vista sull' unità, sul metodo per raggiungerla.
Il primo modo è quello del
conciliatorismo, che prende in considerazione determinate organizzazioni,
gruppi e singoli compagni in quanto tali e non la loro linea, l'effettiva
sostanza ideologica e politica dell' attività dei comunisti. Questo punto di
vista si manifesta sotto varie forme: le cosiddette reti, le aree, i fronti, i
coordinamenti, le federazioni, ecc.
Tale tendenza, dietro alle declamazioni
alla unità per il Partito, alle frasi altisonanti sulla lotta al frazionismo,
in realtà si adopera a servire con la massima fedeltà i revisionisti nascosti o
palesi, i liquidatori della costruzione del Partito.
Qual' è infatti il compito di questa
tendenza ? Quello di mettere sullo
stesso piano e di combinare determinate organizzazioni, gruppi e singoli
compagni a prescindere dalla loro linea, dal contenuto del loro lavoro, dal
loro atteggiamento verso il revisionismo ed il riformismo, verso l' ideologia
borghese o piccolo-borghese.
Se si adotta questa ipotesi, mettendo
in primo piano l' unificazione tout-court di determinate organizzazioni, gruppi
e singoli compagni, inevitabilmente l' unità ideologica, l' unità delle
concezioni sulla organizzazione e l'
attività del Partito, finirà in secondo piano. Questo perché bisognerà
necessariamente passare sotto silenzio i disaccordi, i contrasti, le diverse
posizioni ideo-politiche, le questioni più spinose, senza ricercarne le cause e
la loro origine di classe, senza
valutarne la portata e le inevitabili conseguenze, senza dibatterle pubblicamente.
L' essenziale di questo punto di vista
è mettere insieme alcune "forze soggettive", tramite una serie di colloqui in cui si
scontrano linee e visioni opposte ed in cui la lotta spesso diventa quella per
la bacchetta del direttore d' orchestra. E se questi non sono d' accordo sulla
linea generale o su qualsiasi altra questione di principio, se gli interessi di
parrocchia predominano, bisogna dare una interpretazione che vada bene a tutti,
bisogna scendere a compromessi di principio, bisogna annacquare e deformare il
marxismo-leninismo. Roba da parlamentarismo borghese il cui motto è vivi e
lascia vivere.
E' in questo modo che si seppelliscono i contrasti, si compongono i conflitti, si neutralizzano le
tendenze avverse e si realizzano accozzaglie discordi in nome di un desiderio, tanto bonario quanto confuso, che fra i
comunisti vi sia meno lotta intestina,
vi sia un punto di aggregazione qualsiasi. In realtà il risultato di simili
"protocolli di intesa" è che finiscono nel cestino ancor prima di essere
applicati e non saremo certo noi a dolercene.
L' esperienza, la nostra poca
esperienza, ci ha già resi abbastanza accorti per evitare precipitosi ed
immaturi "fronti, coordinamenti o alleanze" che mettono insieme gli
elementi più discordi provocando solo attriti, delusioni, danni ulteriori.
Esiste invece un' altra concezione dell' unificazione dei comunisti, quella
leninista. Secondo tale concezione numerose cause, profonde e oggettive, producono costantemente nel movimento comunista mutamenti che creano le basi della unità, generano la sua
piattaforma ideologica ed organizzativa, talvolta nonostante e contro
determinate organizzazioni, gruppi e singoli compagni ed anche senza che questi
se ne rendano conto.
Queste condizioni oggettive nascono dalle
particolarità del presente periodo di decadenza imperialista, periodo di
restaurazione e di offensiva borghese a tutto campo.
Allo stesso tempo tali condizioni creano mutamenti nel carattere del movimento
operaio, nella sua composizione, nel tipo degli elementi di avanguardia che
emergono dalle lotte del proletariato ed anche nei compiti politici ed
ideologici del movimento comunista.
L' influenza del liberalismo borghese,
del riformismo socialdemocratico, del moderno revisionismo, non sono prodotti del
caso, ma il risultato necessario ed imprescindibile della azione di queste
cause oggettive, sono una sovrastruttura inseparabile dalla base. Facciamo un esempio. L' Italia è un
paese imperialista con una piccola ed una
media borghesia relativamente estese. Queste mezze classi in perenne
disfacimento forniscono a getto continuo reclute ed intellettuali alle fila del
proletariato. La classe operaia, che vive a contatto specialmente con la
piccola borghesia, viene costantemente
contaminata dal travisamento e dalle deviazioni che provengono dai suoi
elementi declassati. E possibile non tenere conto di questa particolarità, dei suoi riflessi in campo ideologico e
politico, delle conseguenze che ne
derivano nella lotta per il Partito ?
Esiste o non esiste un rapporto (mediato quanto volete ma necessario,
intrinseco) tra queste condizioni ed
il tradizionale eclettismo, la debolezza ideologica, l' abituale instabilità del movimento comunista
italiano?
Se si accetta quindi il secondo punto
di vista, se si tiene conto del pericolo del carattere non comunista di
determinate concezioni, posizioni politiche, piattaforme programmatiche, se si
tiene conto del danno irreparabile per il movimento operaio di talune deviazioni che derivano dall' influenza
borghese e piccolo-borghese, se si tiene conto dell' errore maldestro del
conciliatorismo, ebbene l' unificazione potrà venire più lentamente, con
difficoltà supplementari, con esitazioni e con ricadute, ma non potrà non
progredire in quanto poggerà sempre su solide basi.
Viceversa ci sarà l' illusione
ottica dell' unità raggiunta in quattro e quattr' otto, ma in realtà si
ostacolerà l' avvicinamento, l' aggregazione, la fusione ideale e pratica delle
diverse realtà in una organizzazione unica. Si favorirà nei fatti l' attendismo
e si sbarrerà la strada verso il
Partito,.
Adottando questo secondo punto di vista
ne deriva che l' unificazione non si
effettua necessariamente ed obbligatoriamente con determinate organizzazioni,
gruppi e singoli compagni ma indipendentemente da essi. Non si sviluppa ponendo
sullo stesso piano determinate tendenze e determinati organismi che non sono
affatto uguali avendo caratteristiche
differenti, contenuti politici ed ideologici diversi. Il Partito non si
forma facendo un collage di "requisiti" e di realtà sostanzialmente diverse, ma separando le erbacce dal
grano. Si costruisce assoggettando o
selezionando politicamente quelle organizzazioni, gruppi e singoli compagni che
non si rendono conto ( o non vogliono rendersi conto) delle esigenze dello
sviluppo sociale; provocando mutamenti, spostamenti, schieramenti all' interno
delle vecchie tendenze o frazioni, gruppi e sottogruppi; promovendo e facendo
partecipare al lavoro comune elementi nuovi che non appartengano all' ambito di
questa o quella organizzazione, sostenendo l' unione con i giovani operai, con gli intellettuali onesti che rompono
con l' ideologia borghese e si legano
alle masse accettando di militare disciplinatamente nelle fila del Partito del
proletariato.
Ciò significa che non si può unire
tutto e tutti. Non è realistico, in quanto ci sono posizioni giuste e posizione
sbagliate, c'è chi all' interno di
ciascuna forza e di ciascuna corrente
aspira sinceramente all' unità e chi rema sistematicamente contro. Ovvero gli
incalliti nemici dell' unità, i nemici del marxismo-leninismo e dell'
estensione del legami politici con la
classe operaia che vanno bollati a fuoco ed allontanati dalle fila del
movimento comunista.
Ciò significa che il Partito non sarà
il risultato di patteggiamenti, in cui ognuno agisce per salvaguardare i propri
meschini interessi di clan, non sarà una somma algebrica di elementi
eterogenei presi nel loro insieme, ma
una sintesi frutto del processo di lotta-unità-lotta.
Da questo punto di vista il processo di
unificazione è inseparabile dai suoi
fondamenti ideologici, politici, programmatici ed organizzativi. Esso è
inoltre strettamente connesso alla
lotta contro le deviazioni, le degenerazioni, le deformazioni del
marxismo-leninismo, che sono altrettante
manifestazioni dell' influenza borghese e piccolo-borghese sul proletariato e che in ogni momento -
essendo tendenze suscitate dalle condizioni oggettive - possono aprirsi una
strada. L' unità viene allora a
configurarsi come l' obiettivo e l' oggetto di una lotta accanita fra l'
ideologia proletaria e tutte le altre tendenze non-operaie.
Il Partito che vogliamo, il Partito di
cui ha bisogno il proletariato d'Italia, dovrà essere una organizzazione
affiatata, fondata su unità monolitica, una organizzazione unica degli
autentici comunisti, non un puzzle, non un sistema di circoli tenuti assieme
con la colla dell' eclettismo senza principi.
Per questo riteniamo che sia estremamente importante comprendere le
differenze tra i due opposti punti di
vista sull' unità, in quanto essi a
volte si intrecciano e si
confondono nella disperata
ricerca di una soluzione alla questione "partito" nel nostro paese.
Se non viene fatto proprio con decisione il secondo punto di vista, se non
viene tracciata una linea di demarcazione tra le due tendenze, non ci si può
nemmeno orientare nel caos attuale, non si può fare nessun passo in avanti.
Tra le tante posizioni
"ibride" che fanno capo al conciliatorismo senza principi ne
scegliamo una esemplare nella sua sciocchezza. Secondo alcuni compagni, visto
che ci sono delle polemiche che dividono il campo comunista, visto che esistono
delle contrapposizioni irrisolte è bene che su tali questioni non si sollevi
alcuna polemica pubblica dal momento che non si può giungere a nessun accordo.
Ebbene a nostro modesto avviso chiudere
tutte e due gli occhi sulla serietà della situazione attuale, sulle divisioni
esistenti, è mille volte più dannoso degli effetti delle polemiche. Non intendiamo minimamente spacciare le
nostre convinzioni, in tutti i loro particolari, come le concezioni dell'
intero movimento rivoluzionario. Ma non intendiamo nemmeno saltare
a piè pari le divergenze
esistenti, soffocarle o passarle sotto silenzio. Non possiamo tacere sui
dissensi che lacerano i settori del movimento comunista in Italia. Non è questa
la strada che porta all' unità. Al contrario esigiamo una palestra di
discussione, di approfondimento di tutti i problemi storici, teorici, politici
che interessano il proletariato, quali che siano le divergenze delle nostre
concezioni.
Riteniamo che la mancanza di una polemica pubblica, aperta, fra concezioni
discordi, la tendenza a mantenere nascoste e a cancellare le divergenze che
toccano questioni di importanza risolutiva,
sia proprio una delle deficienze dell' odierno movimento comunista.
Dunque non solo non escludiamo le
discussioni fra compagni ma siamo pronti ad accordargli un ampio spazio, davanti a tutti i comunisti ed
alla classe operaia, per partecipare e
sviluppare le proprie vedute, per dibattere tutti gli aspetti controversi, per
combattere contro quegli eccessi, contro quel culto dei dissidi in cui incorrono immancabilmente gli esponenti delle diverse
"confessioni". Dobbiamo imparare a discutere rispettando i principi,
conoscendo i punti di partenza, i punti di convergenza e gli inevitabili
contrasti. Solo così sarà possibile
lottare per un orientamento coerente ai principi, contro la confusione e
l' eclettismo.
Certo è che gli autentici comunisti non scenderanno mai a compromessi
di principio con i presunti "socialisti" che condannano alla resa la
classe operaia, con quelle forze
che sono responsabili della sconfitta
momentanea del socialismo, la cui bancarotta è sotto gli occhi di tutti.
Come non è pensabile paragonare le vicende del movimento comunista ad una
notte indistinta in cui tutte le tendenze sono grigie e tutte le organizzazioni diventano "uguali" in nome di
un giustificazionismo che azzera la storia,
così non è nemmeno
possibile conciliarsi con i vecchi e nuovi revisionisti e con le
correnti "socialiste" piccolo-borghesi per formare una sorta di movimento unificato o
qualsiasi altro tipo di organizzazione
a livello nazionale o internazionale.
No, simili macedonie sono indigeribili
per i marxisti-leninisti. Le differenze tra il socialismo proletario e quello
borghese o piccolo-borghese non sono differenze artificiali, frutto di storici "settarismi" o di errori.
Al contrario sono collegate a
differenze di principio, di sostanza, che corrispondono a contraddizioni di tipo sociale che non
possono essere armonizzate in un
partito politico che è il partito di una sola classe e pertanto esprime una ideologia e degli interessi inconciliabili con quelli borghesi.
Queste
contraddizioni non si stanno indebolendo ma divengono sempre più
stridenti ed acute. Lo scontro tra queste correnti e tendenze si intensificherà
anche perché la socialdemocrazia ed il riformismo borghese, trovandosi
sempre più isolati dal movimento operaio, perderanno l' opportunità di proseguire la loro funzione
distruttiva e cercheranno in tutti i modo di corrompere, di attaccare con ogni
mezzo il movimento comunista,
Abbiamo dunque davanti a noi un periodo
di lotta intensa a livello ideologico e
politico tra le forze che rappresentano il proletariato e quelle filo-borghesi,
che esclude qualsiasi collusione o
riconciliazione tra queste e quelle, qualsiasi unità senza principi. Una
"unità" del genere aprirebbe
la porta all' opportunismo ed al
liberalismo borghese, significherebbe
la liquidazione del movimento
proletario indipendente, la sua trasformazione in appendice di sinistra della borghesia democratica, in
una delle tante varianti - abbagliante e seducente quanto volete - del revisionismo moderno.
Prima di unirci dobbiamo delimitarci,
ammoniva Lenin, Quanto risuonano vere ancor oggi queste parole ! Sì, occorre definirsi, occorre tracciare una
linea precisa tra il socialismo scientifico proletario e tutte le altre
correnti non operaie. Senza capire dove
passa il confine, senza rispondere al quesito "in che cosa e che in misura
possiamo e dobbiamo essere uniti ?" i discorsi sull' unità divengono null'
altro che chiacchiere da bar.
PUNTI FERMI
Quali sono allora quei requisiti
indispensabili, quelle discriminanti, quelle posizioni fondamentali - tutte ugualmente importanti - senza le
quali non ha senso parlare di unificazione
dei veri comunisti ? E' nostro compito esporle sia pure in forma
notevolmente concisa dato il carattere
del presente contributo.
1° L' accettazione dei principi dell'
ideologia marxista-leninista, l' accettazione
del materialismo dialettico e storico quale concezione del mondo, per la
completa unità in campo ideologico e lo sviluppo creativo della teoria
proletaria.
2° La lotta senza quartiere, lo smascheramento di fronte alle masse del
revisionismo, del riformismo, dell' opportunismo in tutte le loro varianti di
destra e di sinistra, in particolare del moderno revisionismo affermatosi nel
'56 con Krusciov e proseguito con Breznev e Gorbaciov, e delle altre
deformazioni del marxismo presenti
nelle fila della classe operaia.
3° La difesa intransigente dell' opera
di Stalin che rappresenta il punto più alto raggiunto dalla classe operaia internazionale nella lotta per il
Socialismo.
4° Il riconoscimento che la
caratteristica principale dell' epoca attuale è la crisi generale dell'
imperialismo e la transizione dal
capitalismo al Socialismo, la cui strada
per la prima volta nella storia dell' umanità. è stata aperta dalla
Grande Rivoluzione socialista d' Ottobre
5° Il
riconoscimento del principio secondo cui la lotta di classe è una legge
obiettiva dello sviluppo storico, la principale forza motrice della società
fino al Comunismo, società senza classi.
6° Il riconoscimento del principio
secondo cui il Partito è il reparto di avanguardia, organizzato e cosciente, di
una sola classe: il proletariato.
7° Il riconoscimento dell' egemonia
della classe operaia e la sua direzione politica nelle necessarie alleanze che
vanno costruite nella lotta per rovesciare la borghesia.
8° Il principio del centralismo
democratico per la costruzione ed il funzionamento del Partito proletario e quindi della direzione collegiale e della
responsabilità individuale, della necessità di una disciplina d' acciaio e della
vigilanza rivoluzionaria, della attivizzazione permanente di tutti i suoi
membri.
9° Il riconoscimento che l' obiettivo
politico ed il contenuto essenziale del lavoro comunista consiste nella preparazione del
proletariato alla lotta per la
conquista del potere politico e la
conseguente instaurazione della dittatura del proletariato.
10° Il riconoscimento del principio che
il Partito dirige la classe lavorando negli organismi di massa esistenti ed
in quelli che esso stesso crea nel
corso della lotta, sviluppando una giusta
linea di massa e tattiche appropriate.come attuazione conseguente dei
principi marxisti -leninisti e di un programma concreto di lotta.
11° L' applicazione e lo sviluppo delle
politiche di fronte unico anticapitalista e di fronte unito
antimperialista-antifascista.
12° L' accettazione del principio
secondo cui la base dell' organizzazione comunista è costituita dalle cellule
nei luoghi di lavoro e nel territorio.
13° L' adesione piena all'
internazionalismo proletario secondo il quale Partito opera come reparto del movimento operaio e comunista
mondiale e realizza questo principio lottando anzitutto contro il proprio
imperialismo.
14°
Il perseguire l' alleanza
strategica tra il proletariato dei paesi imperialisti ed i popoli dei paesi
dominati ed oppressi.
15° Il sostegno senza riserve alle
lotte antimperialiste, di resistenza e di liberazione nazionale dei popoli che
indeboliscono e frantumano il fronte dell' imperialismo.
16° La lotta per una nuova
internazionale comunista, centro direttivo dei partiti proletari, che si realizza a partire dalla costruzione di tali partiti in ogni
paese.
17° Il riconoscimento che al giorno
d'oggi non esistono veri paesi
socialisti, cioè in cui vi sia al
potere la classe operaia e non le cricche della borghesia revisionista.
18° L' accettazione del principio
secondo cui bisogna contare sulle proprie forze.
19° La continuità ideale e pratica con
le migliori tradizioni di lotta del proletariato italiano, ed in particolare con la lotta di resistenza
al nazifascismo, che vanno difese e portate avanti.
20° La completa e definitiva separazione ideologica, politica,
organizzativa dalle forze revisioniste, socialdemocratiche e da qualsiasi istituzione borghese.
Su quest' ultimo punto di capitale
importanza torneremo più avanti. Adesso dobbiamo soffermarci su alcune
obiezioni che ci sono state mosse a proposito del nostro "ventaglio".
E' possibile assicurarsi in questo
modo da ogni possibile e futura
degenerazione revisionista, da ogni possibile deviazione ? E' possibile
superare fin da subito tutte le
divergenze ?
Neanche per sogno sia nell' uno che
nell' altro caso ! Queste sono le basi, "la conditio sine qua non",
su cui è possibile e doveroso unirsi, non un talismano della felicità perpetua.
E' praticamente impossibile risolvere "prima" tutte le più complesse
questioni teoriche, illuminare tutte le possibili sfaccettature, chiarire le
mezze tinte e stabilire "una volta per sempre" la linea giusta. Non
si finirebbe mai e non si partirebbe mai. La stessa storia del PC(b) dell' URSS
dovrebbe pur insegnare qualcosa ! I partiti comunisti lottano continuamente
contro le deviazioni che si originano nelle loro fila, si rafforzano scartando
dalle loro fila gli elementi che deviano, i "carrieristi", gli
opportunisti.
L' unica garanzia che vediamo sta nella
assoluta intransigenza sulla nostra ideologia, nella fedeltà assoluta ai
principi marxisti-leninisti senza fare concessioni di sorta a coloro che per
errore o per qualsiasi altro motivo oscillano verso il revisionismo. L' unica
garanzia è la preparazione ideologica dei quadri e della base, dal momento che
basta un minimo allontanamento dai principi, un cedimento dei dirigenti, per scivolare nel pantano dell' opportunismo.
Altro paio di maniche è quello del
contrasto di opinioni dentro l' organizzazione. Esso è inevitabile e
necessario se condotto entro i limiti
approvati di comune accordo e gestito
con il metodo leninista. E' assurdo, è sbagliato in partenza mantenere la separazione se ci dividono
solo delle sottigliezze, delle questioni secondarie e delle divergenze
relativamente superficiali.
L' interesse della causa esige che
vengano messe da parte le controversie parziali, marginali, per concentrarsi
sull' obiettivo principale. Esige che le forze
ed i compagni più omogenei, che
non sono divisi da questioni di principio si uniscano subito per moltiplicare
le loro forze e condurre con maggior vigore la battaglia.
Chi crede il contrario dimostra di
concepire il processo di formazione di un partito non con senso politico
materialista ma da idealista. Non
esiste un partito "modello", che nasce già bello e formato,
assolutamente omogeneo e concorde in tutti i suoi aspetti come
Minerva uscì dalla testa di Giove.
Atteggiamenti del genere, se mantenuti,
dimostrano una stupefacente immaturità nell' affrontare la questione del Partito, l' incapacità di
superare il contesto dei circoli e dei gruppetti. Ciò è tipico di chi vuole mantenere la scissione e
la divisione a tutti i costi, del
dogmatismo e del settarismo da intellettuali disorganici, di chi sta alla
finestra aspettando opportunisticamente che ci pensi qualcun' altro a
sbrogliare la matassa.
Al di là di ogni possibile sfumatura di
concezioni riteniamo che la linea giusta oggi si concretizzi nei compagni che
reclamano l'unione in una unica organizzazione, che vogliono mettere all'
ordine del giorno il Partito cimentandosi nei fatti alla soluzione di tale
questione. I veri quadri rivoluzionari sono quelli che sanno elevarsi al di
sopra delle divergenze e delle risse tra i singoli gruppi, sono quelli che si
battono instancabilmente per l' unione del movimento comunista sulle granitiche
basi marxiste-leniniste.
Ritorniamo ora sull' ultimo punto.
Sembrerebbe una questione scontata, essendo l' entrismo una logica politica di
retroguardia, superata dalla esperienza storica del movimento. Ma la verità è
che non solo tanti compagni che si
richiamano alle concezioni che abbiamo delineato stanno dentro le organizzazioni
socialdemocratiche, ma sussistono perfino taluni gruppi comunisti (o che si autodefiniscono tali) che si
presentano come componente interna a questo o quel partito riformista,
socialdemocratico, ecc..
A questi e a quelli diciamo chiaro e
tondo che non è possibile lavorare contemporaneamente per il revisionismo e per il marxismo-leninismo, per la
borghesia e per la rivoluzione. O forse si crede che possano esistere partiti socialdemocratici e liberaldemocratici,
con dei programmi che non cozzino contro gli interessi del proletariato e non
avvelenino la sua coscienza?
Evidentemente c'è chi ha ancora la
faccia tosta di riproporre la vecchia teoria del "corpo sano con la testa
marcia" spacciando illusioni su un' ala sinistra della borghesia che convenientemente
ripulita dai suoi dirigenti possa servire per la rivoluzione, spacciando
miraggi sulla possibilità di una scissione delle vecchie organizzazioni
socialdemocratiche, da cui possa originarsi il Partito della classe operaia.
No, il Partito non sorgerà per questa via. Ne mancano tutti i
presupposti materiali e politici. Il tentativo puerile di correggere il
revisionismo è fatica sprecata. Al contrario i compagni che stanno dentro le
organizzazioni riformiste e borghesi - al di la della loro buona fede - si fanno obiettivamente strumento di una aberrante politica
antioperaia, divengono inevitabilmente corresponsabili delle frodi
revisioniste, trozkiste e opportuniste.
L' "equivoco" dell' entrismo rappresenta una delle forme
più evidenti dell' opportunismo e della immaturità politica che caratterizza la situazione italiana.
Esso frena il rafforzamento e lo
sviluppo di una solida organizzazione leninista, favorisce la divisione e la
dispersione delle forze.
La concezione e la pratica del polo
interno alle organizzazioni socialdemocratiche (dell' entrismo, badate bene,
non delle temporanee alleanze con esse in determinate circostanze, non del
fronte unico fra gli operai di tutte tendenze) non rappresentano una
sottigliezza, una divergenza tattica, bensì una posizione incompatibile con le
necessità e con i principi del
marxismo-leninismo.
Oggi, come negli anni venti, i comunisti hanno il dovere di sostenere
la assoluta e decisiva rottura con il
revisionismo, la socialdemocrazia e le sue formazioni politiche tra i membri di
queste organizzazioni. Hanno il dovere di dichiarare la totale indipendenza del proletariato su
ogni piano, l' esclusione di qualsiasi
rapporto organico con il riformismo e
la borghesia. Senza questa indispensabile premessa, senza passare
questo valico, non è possibile fare un
solo passo in avanti verso il Partito, non è possibile condurre una lotta
conseguente contro il capitalismo, non è possibile difendere né gli interessi immediati
delle masse e tanto meno raggiungere il Socialismo.
Ai compagni proletari che ancora sono
impegnati nelle fila dei rugginosi partiti parlamentari, nei partiti riformisti di sinistra e di destra,
rivolgiamo l' invito a fare un bilancio
critico della storia del movimento
comunista italiano ed internazionale e della loro personale militanza. Ciò
per trarne i dovuti insegnamenti e le dovute conseguenze, così da
dirigere in modo corretto i propri sforzi nel futuro, per guardare avanti
riconoscendo l' erroneità, l' insufficienza delle precedenti posizioni e
raggiungere così un livello più avanzato.
Separarsi a volte è una cosa dolorosa,
ma in certi casi è doveroso ed ogni debolezza, ogni "sentimentalismo"
è una colpa ingiustificabile. Da questi compagni ci aspettiamo che non
insistano nell' equivoco e non difendano l' errore. Da loro può venire uno slancio
ed una forza materiale ed intellettuale importante per il processo di
costruzione del Partito.
CONCENTRARE LE FORZE ED AFFERRARE L' ANELLO DECISIVO
Chi ha avuto la pazienza di seguirci
fin qui si chiederà: "Adesso che abbiamo stabilito le discriminanti
fondamentali che si fa ? ". E' chiaro, i compagni che accettano le tesi
esposte e ne riconoscono la validità
hanno il dovere di raggrupparsi e lavorare assieme, immediatamente, dato che
non c'è ragione per mantenere la divisione.
Tutti coloro che vogliono farla finita con il meschino
frazionamento, che vogliono farla finita col settarismo di gruppo, che vogliono
avvicinare la costruzione del Partito senza limitarsi agli appelli o alle
esortazioni devono rimboccarsi le maniche ed accingersi a costruire nei fatti
questa organizzazione unica, con un suo preciso piano di lavoro, una sua
attività concreta tra le masse.
Malgrado persistano dei disaccordi non
di principio e su alcune questioni tattiche, sulla valutazione di questo o quel
processo o fenomeno, malgrado persistano - e persisteranno per qualche tempo -
sfumature diverse che vanno discusse e ricomposte ad unità, noi dobbiamo assolutamente metterci alla prova e
dar vita ad un lavoro in comune in mezzo alla classe operaia.
Solo nel lavoro pratico fra le masse,
tramite un' effettiva unità di azione, potremo giungere ad una posizione
politica realmente unificata e completare la fusione in tutti i suoi aspetti.
Solo in questo modo sarà possibile porre su una base solida, ampia, la causa
dell' unione dei comunisti. Solo per mezzo di un lavoro sistematico e
consistente nella classe operaia
potremo compiere quei decisivi passi in avanti e raggiungere una unità
superiore: il Partito.
Ciò può essere facilmente dimostrato.
Uno dei motivi che riproducono la divisione tra le forze comuniste è proprio il
fatto che le diverse organizzazioni non
sono realmente coinvolte nel lavoro tra le masse. L' esperienza
stessa ci dice che laddove le differenti organizzazioni e correnti hanno legami
più stretti con la classe operaia i membri delle varie tendenze trovano il modo
ed i mezzi per superare la frammentazione, per ricucire il rapporto tra teoria
e prassi. Dunque la fusione dei veri comunisti non può realizzarsi altrimenti che sul terreno della lotta di
classe.
Bisogna capire che la questione
fondamentale sta nel conquistare una influenza tra le masse lavoratrici, nella vita sociale del paese, per divenire
realmente una componente del movimento operaio - la componente
marxista-leninista - per mettersi alla
testa del movimento ed orientarlo correttamente.
Per essere comunisti non basta sventolare una bandiera rossa. Comunista
è chi lavora per portare il marxismo-leninismo nelle lotte di tutti i
giorni; chi organizza gli operai non
mettendosi alla loro coda ma elevando
la loro coscienza; chi li dirige nei fatti ( e non a parole) legandosi ad essi nel corso della
lotta; chi prepara alla
rivoluzione il movimento operaio
stabilendo con esso un rapporto aperto e diretto.
Un Partito comunista senza un forte
radicamento nel proletariato, incapace di dirigere le masse è destinato ad
essere una caricatura del partito, è destinato alla sconfitta.
Questo significa che la causa stessa dell'
unificazione dei comunisti non avverrà, non si completerà, finché i principi fondamentali della nostra
dottrina non saranno veramente compresi ed applicati, messi in pratica nel
movimento reale. Qui si fa il salto di qualità, oppure ci si spegne. Qui si
verifica la giustezza o l' erroneità delle proprie posizioni. Qui, cercando i
lavoratori, si troveranno i comunisti.
Occorre quindi mettere a punto un piano di azione e creare gli strumenti per ottenere un profondo collegamento con le principali
sezioni del proletariato ed i diversi strati oppressi della società che devono
essere stretti ed organizzati attorno alla classe operaia.
Non saremo certo noi a negare l' importanza delle forme di attività
come l' agitazione locale, la partecipazione alle manifestazioni, alle
assemblee, l' organizzazione di scioperi e altre forme di lotta.
Riteniamo però che Il mezzo principale
per raggiungere il nostro obiettivo
politico è di gran lunga il giornale politico nazionale, in cui tutta la
multiforme e variegata attività svolta alla base dai comunisti troverà una
sintesi che valorizzerà e rafforzerà le attività stesse e contribuirà ad
estenderle, a generalizzarle.
L' idea-forza attorno alla quale
lavorare, l'anello della catena da afferrare
sta nella creazione di un organo di stampa che dovrà costituire l' intelaiatura attorno alla quale si
unificheranno realmente i diversi circoli e gruppi, si formeranno gli elementi
dirigenti, i quadri intermedi e si svilupperà la base.
Ma che tipo di giornale ci serve ? Essenzialmente
una pubblicazione capace di svolgere un
duplice compito, di centrare due obiettivi fra di loro strettamente collegati.
Il primo è quello di assumere un ruolo
dirigente nel lavoro di unificazione
delle forze comuniste. Questo significa che il giornale deve essere
elemento di coagulazione, mantenendo stretti contati con tutti i gruppi ed i
compagni delle varie località, elaborando un piano organizzativo, affinché
attorno ad esso si formi nei fatti il
nucleo organizzativo del futuro Partito, fondendo il lavoro
"casalingo" dei diversi gruppi e
compagni in un unico insieme.
Per assicurare tale obiettivo, senza il quale si rimarrà allo
stadio precedente, bisognerà che il
giornale svolga una funzione di guida sul piano ideologico. Nelle sue colonne
si dovranno enunciare i principi ideologici ed organizzativi del
Partito, formulare un progetto di
programma aderente alla realtà del paese, dar vita ad una discussione
collettiva sulla tattica, sui metodi dell' azione politica, svolgere tutto quel
lavoro di preparazione e disposizione delle forze che porterà alla effettiva
unità ed alla fondazione del Partito. Pur non essendo una rivista
teorico-scientifica riteniamo che un ampio spazio dovrà essere riservato alle
questioni teoriche (che rivestono la massima importanza e non vanno lasciate
agli intellettuali) e alla loro applicazione alla situazione odierna.
Il secondo obiettivo - che dovrà
caratterizzare in modo preminente il giornale - è quello di sviluppare una
funzione nella direzione del movimento
pratico della classe operaia, del lavoro positivo in seno alle masse.
Ciò significa dar vita ad un vasto lavoro di propaganda e soprattutto di agitazione politica,
teoricamente orientato, nel ventre
della classe operaia; significa saper divenire un centro organizzativo di tutta
la masse operaia e degli altri strati sociali oppressi dal capitale.
Un giornale di questo tipo oltre a
fornire il necessario sostegno alla lotta della classe operaia e ad ogni
protesta sociale deve saper discutere i problemi del movimento nel suo
complesso, condurre una analisi delle condizioni del proletariato in tutti i
suoi reparti e categorie, aprire una discussione sui metodi e le forme dell'
azione pratica, utilizzando la lotta economica (e tutte le altre manifestazioni
della vita economica e sociale) per l' agitazione politica.
Per i nostri scopi bisognerà inoltre approfondire le principali questioni di politica interna
ed estera, esporre e denunciare tutti i casi di oppressione politica (qualsiasi
ne sia la classe colpita), contestare il sistema imperialista in ogni suo
aspetto e chiarire i rapporti della classe sfruttata con tutte le altre classi
e lo stato borghese.
Quando diciamo che il giornale dovrà
essere principalmente un giornale di
agitazione intendiamo dire che deve essere creata una forma superiore di
agitazione, in quanto siamo nettamente contrari alla scissione fra
"giornale teorico" e "giornale operaio". E' proprio in
vista di una ricomposizione fra i due
aspetti che la lotta politica rivoluzionaria, l' ideologia proletaria si
lega alla lotta economica quotidiana,
alle multiformi manifestazioni del
movimento operaio. Senza questo tipo di
agitazione (con un contenuto profondo ed uno stile rinnovato) verremmo meno al
nostro compito che è quello di trasformare la lotta spontanea, parziale in
lotta dell' intera classe per un determinato fine politico.
Qualsiasi fatto particolare, qualsiasi
fenomeno sociale, qualsiasi singola idea su cui fa perno l' agitazione devono
essere approfonditi ed illuminati con la teoria rivoluzionaria. In ogni denuncia che colpisce i differenti
aspetti della barbarie capitalista (sfruttamento, omicidi sul lavoro,
licenziamenti, disoccupazione , ecc.
ecc.) va spiegato il legame indissolubile che esiste fra questi fatti ed il regime borghese. Da ogni sciopero, da
ogni lotta, dalle avanzate e dalle sconfitte, dalle rivendicazioni che gli
operai stessi espongono vanno tratte precise conseguenze in vista del programma comunista, in vista dei
compiti del proletariato. Detto in breve bisogna convincere gli operai che quel
che "non va" è il sistema
capitalistico, l' intero regime politico e sociale fondato sullo sfruttamento.
Ciò significa, d' altro canto, che la
stessa lotta ideologica (ad esempio contro il collaborazionismo, il revisionismo,
la religione, ecc) va sviluppata tenendo conto dei bisogni quotidiani,
temporanei delle masse, che le questioni teoriche, politiche e di
organizzazione, vanno inserite, amalgamate tra i vari temi dell' agitazione
e fra i vari temi della propaganda, al cui centro dovrà trovarsi la necessità
della organizzazione indipendente del proletariato.
Dunque serve un giornale
"vertice", che pur non essendo ancora organo di un Partito
agisca fin da subito come tale,
funzioni come giornale partitico. Serve
un giornale "integrale"
capace di estendere progressivamente la sua influenza suscitando i
bisogni del proprio pubblico, coinvolgendo in prima persona nella redazione
quei proletari che aspirano ad una coscienza politica come alla luce del sole.
Senza un vero giornale politico che
assolva al meglio la sua funzione
mantenendo i contatti con il movimento non ci sarà nessun partito reale, vivo,
presente tra le masse e non si potrà nemmeno parlare di costruzione di una forza politica.
Per dare vita ad un giornale comunista, che per chiamarsi tale dovrà essere un
mensile (se non un quindicinale) diffuso regolarmente in tutti i maggiori
centri industriali del paese, in tutti i punti più importanti del movimento
operaio, nei quartieri delle maggiori città,
in ogni ambiente suscettibile della propaganda comunista, bisogna utilizzare quanto di meglio esprime
ogni formazione.
Un giornale come quello che abbiamo
appena tratteggiato può essere soltanto il prodotto dagli sforzi comuni
delle realtà che decidono di unirsi sulla basilare
comprensione-accettazione dei principi del marxismo-leninismo, di tutto il
genuino movimento comunista e non di un singolo gruppo o di qualche compagno.
Occorre concentrarvi le forze esistenti nel campo della pubblicistica rivoluzionaria,
ora disperse nei tanti giornaletti e
riviste particolari che dovranno essere capaci di sacrificare il loro angusto "esclusivismo", di
rinunciare alla piccola "autonomia"
a vantaggio di un grande tutto.
Intorno alla redazione centrale ed in
contatto diretto con essa servono almeno
una cinquantina di corrispondenti fissi (che scrivano una, due volte
alla settimana per assicurare un adeguato rifornimento di materiale), decine e
decine di diffusori, centinaia e
centinaia di sottoscrittori.
Ogni compagno, ogni lavoratore dovrà sentire questo giornale come il
proprio organo di stampa, e instaurare con esso un legame costante,
comunicandogli informazioni, vedute, esperienze di lotta, critiche,
osservazioni, suggerimenti. Dovrà sentirsi un collaboratore nel vero senso
della parola e non in senso letterario, capace di fornire impressioni
fresche, contributi specifici, giudizi. Solo a queste condizioni sarà
possibile fare un giornale comunista
che sia una . vera tribuna della lotta di classe.
Ci riusciremo ? Noi abbiamo fiducia
nelle capacità e nella creatività dei figli del proletariato, nelle
inesauribili risorse della classe in
cui riponiamo tutte le nostre speranze. Ci crediamo, siamo certi che è possibile
raggiungere questo obiettivo con lo slancio che è proprio dei rivoluzionari e
per questa via guarire dalla malattia che ci affligge e che ci soffoca,
cominciando a respirare a pieni polmoni.
UN PRIMO PASSO
Lo scopo della presente lettera non
è suscitare un dibattito
"filosofico" sulla necessità del Partito Sulla base di quanto esposto chiediamo che si giunga ad un accordo fra tutti i gruppi comunisti, tra tutti i compagni consapevoli
dei compiti che abbiamo di fronte per organizzare una Riunione in cui discutere
in concreto della fusione delle forze,
del giornale, della prospettiva del Partito, e giungere a definire i passi politico-organizzativi e
le azioni da intraprendere.
Chiunque abbia a cuore le sorti della classe operaia prenda
posizione al nostro fianco e dia il suo appoggio immediato ed attivo alla
Riunione. Solo così potremo uscire dall' attuale periodo di indebolimento e
disgregazione e metterci alla testa della rivoluzione italiana.
Abbandoniamo le esitazioni! I tempi
sono stramaturi per avviare in concreto il processo dell' unificazione dei veri
comunisti ponendo fine alla scissione e
battendo le posizioni liquidatrici. L' imperialismo stesso obbligherà all'
unità o al tradimento aperto.
Invitiamo tutti i compagni a
pronunciarsi con sincerità e schiettezza sul contenuto e sulle proposte qui avanzate, a partecipare attivamente alla
preparazione delle future iniziative.
Una
prima conquista sarà l' instaurazione di una completa franchezza nei rapporti tra le varie organizzazioni
e gruppi esistenti, tra le diverse tendenze esistenti nell' ambito
rivoluzionario. Solo la massima
chiarezza e correttezza nei
contatti reciproci potrà garantire il
raggiungimento degli obiettivi comuni, solo
mettendo al primo posto gli interessi supremi della lotta di classe
faremo l' iniziale decisivo passo verso il Partito.
Settembre
2000
Vladimir
Majakovskij
IL
PARTITO
Il
Partito è un uragano
denso
di voci flebili e sottili
e
alle sue raffiche
crollano
i fortilizi del nemico.
La
sciagura è sull' uomo solitario,
la
sciagura è nell' uomo quando è solo.
L'
uomo solo
non
è un invincibile guerriero.
Di
lui ha ragione il più forte
anche
da solo,
hanno
ragione i deboli
se
si mettono in due. Ma quando
dentro
il Partito si uniscono i deboli
di
tutta la terra
arrenditi,
nemico, muori e giaci.
Il
Partito è una mano che ha milioni di dita
strette
in un unico pugno.
L'
uomo ch' è solo
è
una facile preda,
anche
se vale
non
alzerà una semplice trave,
né
tanto meno una casa a cinque piani.
Ma
il Partito è milioni di spalle,
spalle
vicine le une alle altre
e
queste portano al cielo
le
costruzioni del socialismo.
Il
Partito è la spina dorsale
della
classe operaia.
Il
Partito è l' immortalità
del
nostro lavoro.
Il
Partito è l' unica cosa che non tradisce.