IL TESTAMENTO DI STALIN
Nell' ultimo anno
alcuni giornali russi hanno pubblicato, con lievi differenze dovute ai
diversi resoconti stenografici, il
testo di un discorso inedito di Stalin
tenuto il 16 ottobre 1952.
Si tratta dell' ultimo intervento che Stalin fece davanti al plenum del
Comitato Centrale del P.C.U.S. prima di morire. Esso segue di due giorni il
noto discorso di chiusura del XIX Congresso del Partito in cui, tra l'altro,
Stalin chiamò alla lotta contro il
pericolo di una nuova guerra voluta dall' imperialismo.
Il pensiero, le proposte ed i rilievi critici
che Stalin presentò all' ultimo
C.C. cui partecipò hanno una notevole
importanza sia storica che documentale. Possiamo dire che questo discorso
rappresenta il testamento politico di Stalin. Esso va inquadrato all' interno della complessa lotta politica ed ideologica che Stalin
sviluppò nell' ultimo periodo della sua vita e va letto alla luce
dei "Problemi economici del socialismo" (redatti nello stesso
anno) e del rapporto politico
presentato da Malenkov al XIX congresso, ispirato ed approvato dallo stesso
Stalin.
In questi
scritti si criticavano in modo acuto le
tendenze ed i fenomeni negativi che erano emersi in economia e nella vita del
partito, che sarebbero sfociati nel '56 con la proclamazione ufficiale del
revisionismo kruscioviano.
Nel discorso in questione tali critiche si fanno
ancora più severe.
In primo luogo,
Stalin mette in evidenza che non c'è una vera unità di opinioni dentro
il partito. Egli guarda avanti, capisce
che è necessario preparare dei nuovi
quadri di origine proletaria, ideologicamente temprati, per proseguire
nelle realizzazioni del Socialismo e sbaragliare gli elementi opportunisti.
Tali elementi invece criticavano l'
allargamento della composizione del C.C. e temevano di essere tagliati fuori
dalla direzione dello stato.
In secondo luogo, Stalin attacca apertamente
Molotov e Mikojan a causa dei loro evidenti errori in campo di politica estera
ed interna, oltre che di comportamento. Ciò era necessario anche per impedire
che fossero loro gli elementi di
ricambio al vertice.
In terzo luogo, Stalin chiede di essere
esonerato dalla carica di Segretario
Generale e di presidente del Consiglio dei Ministri. Una mossa volta sia a
spianare la strada ai giovani, sia ad avere le mani più libere nella lotta
contro gli elementi di destra.
Bisogna dire che il congresso aveva già proceduto
ad ampliare il C.C., portando il numero dei suoi componenti, fra effettivi e
supplenti a 236, di cui il 40% non apparteneva
al precedente C.C. eletto nel '39.
La proposta riguardante l' elezione di nuovi membri
nel Presidium del C.C. (organo composto da
25 membri effettivi più 11 supplenti), che mirava a rimuovere i vecchi
componenti per far posto a compagni più giovani, e la proposta di elezione di
un altro Segretario rappresentava il segnale più chiaro di un radicale cambio
di direzione. Un cambio che venne
avversato in tutti i modi dal gruppo
che preparava dietro le quinte
"la svolta" che
realizzata quattro anni più tardi.
Evidentemente Stalin aveva in mente un piano per
scalzare i membri del Politburo che manifestavano pericolosi sintomi di opportunismo, burocratismo,
formalismo e degenerazione
revisionista.
Si era convinto della necessità di una epurazione ai vertici del partito, era
giunto alla conclusione che non ci si poteva più fidare dei membri uscenti, che
invece vennero rieletti, così come venne rieletto lui stesso nonostante avesse
esplicitamente richiesto di essere rimosso dagli incarichi.
In diversi libri di memorie sull' ultimo periodo
della vita del grande bolscevico più volte ricorrono frasi ed espressioni
rabbiose che fanno capire quale era il giudizio di Stalin sui membri del
Politburo. Egli li giudicava dei
"gattini ciechi" assolutamente incapaci di proseguire nell' opera di costruzione del Socialismo e
presentiva che avrebbero portato l'
URSS allo sfacelo, come i fatti hanno poi dimostrato.
Da parte loro i Krusciov, i Berja, i Mikojan, ecc.
fiutarono l' aria che tirava, capirono che avrebbero ben presto perso le loro
posizioni se Stalin fosse riuscito a portare avanti il suo progetto e a far crescere nuovi dirigenti cui passare
il testimone della causa del Comunismo.
Gli elementi opportunisti non avrebbero più potuto proseguire nella loro nefasta opera e nella loro "vita
quieta" sotto la sferza della
critica congiunta dall' alto e dal basso.
Adottarono quindi una tattica astuta e graduale,
lavorarono in sordina nascondendo i loro veri intenti dietro le frasi
rivoluzionarie e dietro quel "culto della personalità" (da loro
coltivato e non da Stalin) che più tardi utilizzarono per attaccare il capo
bolscevico.
Successivamente Krusciov diventò il portavoce di
coloro che erano stati criticati pubblicamente nel corso del XIX congresso, di
tutti gli elementi e i gruppi degenerati che
avevano cominciato a sviluppare interessi antagonisti a quelli del proletariato, che avevano
cominciato a divenire uno strato
borghese privilegiato.
Krusciov assicurò i loro interessi e le loro posizioni di rendita, liberandoli dal
timore di nuove "purghe". Con
Krusciov i quadri non sarebbero più stati scelti in base alle loro
qualità. Al contrario egli diede dapprima il via alla eliminazione dei quadri
bolscevichi ( in particolare i giovani più qualificati appoggiati dal XIX
Congresso), si sbarazzò degli avversari come Berja (un destro peggio di lui) e
mise in riga Malenkov ed i vecchi rivoluzionari rimasti fedeli al loro passato.
Quindi promosse gli "apparatciki", elementi opportunisti e servili,
completamente estranei all' azione ed alla teoria rivoluzionaria. Tutto ciò
per favorire quelle "riforme di
mercato" - avviate subito dopo la morte di Stalin - con cui marciare a spron battuto sulla via della
restaurazione del capitalismo e della distruzione del Socialismo in Unione
Sovietica.
Non a caso
nel tristemente famoso "Rapporto segreto al XX Congresso" c'è
un esplicito riferimento al discorso di Stalin del 16 ottobre '52, dove si afferma
che faceva parte di un disegno per la futura eliminazione dei vecchi membri del Politburo. In pratica i
revisionisti svelavano di aver afferrato fin da subito la sostanza politica
della questione e solo dopo aver preso nelle loro mani il potere dimostravano
di sentirsi più al sicuro.
Per quale motivo Stalin non riuscì nel suo intento
innovatore? Rimandando ad una analisi
approfondita delle cause della degenerazione revisionista, diciamo per il
momento che Stalin, nonostante la sua enorme capacità ed il potere di determinare
le "grandi questioni", non poteva completamente fronteggiare l'
attività di quegli strati e di quelle parti dello stato proletario, di
quelle "forze inerti" (che tanto inerti non erano) le quali avrebbero
portato ad un conflitto nella società e che successivamente si svilupparono in
classe dominante.
All' interno del partito Stalin era il maggiore
rappresentante di una corrente, il bolscevismo, che non sempre è stata
maggioranza ed i cui nemici si celavano dentro il suo stesso seno, quando
non potevano agire apertamente.
Inoltre Stalin era sicuramente tenuto all' oscuro di molti fenomeni
negativi che si andavano creando, delle
distorsioni, dei privilegi e degli elementi degenerati che mano a mano si
accumulavano, in special modo negli anni seguenti la guerra mondiale, nella burocrazia di partito, nell' esercito,
negli apparati statali, tra i direttori ed i tecnici delle fabbriche, tra gli
accademici, nell' intellighenzia.
Furono proprio questi elementi a cedere sotto la pressione dell'
imperialismo dando vita al moderno revisionismo ed a dare il via al compromesso
con esso sotto forma di "coesistenza pacifica",
Negare l' esistenza di questa realtà, dovuta alle
particolarità storiche ed ai limiti obiettivi che ogni rivoluzione
incontra, ritenendo idealisticamente
che il punto debole stava
esclusivamente nella teoria, cioè nella alterazione della sovrastruttura,
significa vedere le forme del pensiero senza capire i soggetti sociali e gli
interessi che questo pensiero esprimono. Significa non capire come fa una
teoria a divenire forza politica, non capire su quali gambe ha marciato il
krusciovismo, quale era il contenuto di classe degli eventi e delle decisioni
che ebbero luogo in Urss negli anni cinquanta.
Tutto sommato analisi di questo genere sono assai utili per coprire i reali interessi
di classe del revisionismo e contribuiscono
a falsare uno dei caratteri
essenziali del marxismo sotto il pretesto di una "visione
dialettica del rapporto base/sovrastruttura".
Noi sappiamo che Stalin finché visse forzò in tutti i modi l' apparato a servire
la causa del proletariato e diresse i suoi sforzi verso la definitiva
soppressione dei presupposti materiali ed ideologici di quegli interessi di
classe che stavano risorgendo. Negli ultimi anni della sua vita cercò di
intensificare la lotta contro tutte le
tendenze revisioniste, nazionaliste e borghesi oltre che contro la sovversione
imperialista. Cercò di rafforzare la vigilanza rivoluzionaria che si era
sensibilmente allentata nel dopoguerra.
Stalin era assolutamente nel giusto quando parlava
di approfondimento della lotta di classe nel Socialismo. Vide le radici di una
nuova lotta di classe nei residui delle
classi distrutte, vide la resistenza degli elementi arretrati, capì la
necessità impellente di cambiamenti nei rapporti di produzione socialisti.
Ma vi erano limitazioni oggettive (es. la
ricostruzione post-bellica, la necessità di concentrare gli sforzi contro il
nemico esterno, ecc.), c' era la mancanza di precedenti esperienze ed anche
alcune insufficienze nella comprensione
delle nuove contraddizioni che si erano originate nella società socialista, del
modo in cui persistono gli antagonismi
di classe, delle forme adeguate di mobilitazione delle masse contro il
pericolo della restaurazione. Tali
condizioni e sottovalutazioni, che non permisero a Stalin di sviluppare a fondo
la sua offensiva, vanno oggi analizzate con la più grande serietà per
sviluppare e perfezionare la nostra teoria.
C'è una
immagine descritta in quei verbali che ci ha colpito. Alla fine della sua
replica il grande dirigente comunista, già avanti negli anni, rimane a lungo in piedi guardando i
delegati del plenum del C.C. che lo
applaudono chiedendogli a gran voce di rimanere al suo posto. Il gesto di disappunto che egli fa con la
mano sedendosi, è l' istantanea di una
incomprensione, di un rammarico che avrà pesantissimi risvolti politici.
Purtroppo a Stalin
mancò anche il tempo di
proseguire nella sua lotta, né glielo diedero i suoi avversari. Costoro capivano che era proprio lui l' ostacolo
principale per l' affermazione dei loro sudici interessi di classe.
Non furono Krusciov e Mikojan a parlare del
progetto di un attentato alla vita di Stalin? Non fu Berja a vantarsi di aver
fatto sparire Stalin ?
Di sicuro con il compagno Stalin moriva un uomo che aveva dedicato la sua vita alla
lotta per la emancipazione della classe operaia, per la fusione del
materialismo scientifico con il movimento operaio, per il trionfo del comunismo
in tutto il mondo. Stalin era un rivoluzionario di eccezionale levatura, con una profondità di vedute, una
coerenza ed una dedizione totale alla causa che non avrebbe mai permesso il tradimento del marxismo-leninismo e
della dittatura del proletariato.
Di sicuro possiamo affermare - oggi più di ieri - che l' antistalinismo è antisocialismo. Ma
dobbiamo anche dire che occorre guardare a Stalin con occhi diversi da certi "emmelle" che
fanno solenni dichiarazioni di fede, salvo poi ridurre Stalin ad una icona, e da taluni imbroglioni che sembrano
difendere Stalin ma in realtà lo discreditano. Costoro non sanno cogliere l'
essenza dello stalinismo, non sanno tradurla nella realtà odierna, non riescono
a ricavarne alcuna istruzione per svolgere una effettiva azione politica.
I primi, piuttosto che basarsi sulla esperienza
per incidere sulla situazione obiettiva
si appoggiano sulle citazioni e campano sulle glorie del passato. Piuttosto che
lottare per trasformare il mondo si limitano alle rievocazioni ed alle interpretazioni (se pure ci riescono).
Ciò porta ad una notevole discrepanza fra le parole ed i fatti, porta alla
rendita di posizioni ed alle posizioni di rendita.
I secondi, dietro i paroloni negano la questione
fondamentale dello stalinismo, la dittatura del proletariato e la lotta
rivoluzionaria all' imperialismo, sostituendola con il più volgare
revisionismo. Poveri orfanelli di Breznev e di Deng!
Con questi stalinisti fasulli è impossibile
intendersi. Essere stalinisti oggi
significa anzitutto concentrare la nostra attenzione sul modo di realizzare
nella situazione odierna l' enorme contributo che ci ha lasciato il dirigente
bolscevico, significa derivare la direzione di marcia non dalle analogie, dai
parallelismi storici o dalle formule, ma dallo studio delle condizioni
presenti, dalla esperienza concreta e viva della lotta di classe. Significa portare avanti la lotta per il
partito indipendente della classe
operaia che combatte a viso aperto e smaschera senza pietà il revisionismo, alleato permanente della
borghesia.
Si, lo stalinismo è la piattaforma più elevata che
sia stata raggiunta dal proletariato nel corso del XX secolo. Su di essa
dobbiamo saldamente poggiarci per affrontare le grandi battaglie che già si
annunciano, per sconfiggere l' imperialismo ed orientarci nella costruzione del
mondo nuovo, il mondo socialista.