CRITICA
DELLA “STRATEGIA UNIVERSALE”
DELLA
GUERRA POPOLARE PROLUNGATA
(ovvero
sui danni provocati dal linpiaoismo)
Una delle linee di demarcazione
tra il marxismo-leninismo e le altre correnti estranee al socialismo proletario
va rintracciata all'interno dell’impianto stesso della teoria della
rivoluzione, nella fattispecie nella diversa concezione delle forme che i
processi rivoluzionari assumono per la conquista del potere.
Secondo la teoria
marxista-leninista la rivoluzione proletaria e le rivoluzioni popolari e
democratiche seguono inevitabilmente diverse forme di sviluppo essendo
il risultato di processi di diversa natura, che si compiono in paesi diversi
(con differenti condizioni sociali, politiche, storiche, ecc.) e per lo più in
modo non contemporaneo. Le rivoluzioni proletarie e popolari non si sviluppano
quindi in modo identico (pur avendo identico contenuto), ma si compiono
attraverso forme diverse e molteplici secondo le circostanze. Ciò, tra l’altro,
comporta che la costruzione del socialismo assuma nei singoli paesi forme
diverse.
Le peculiarità di sviluppo dei
processi rivoluzionari fanno sì che per giungere al potere e risolvere i
principali problemi sociali, la lotta rivoluzionaria della classe operaia e dei
popoli può compiersi nelle forme di un’insurrezione, di una lotta partigiana,
nelle molteplici combinazioni fra queste e le lotta di massa, nella forma di
guerre popolari e di liberazione nazionale, rivoluzioni coloniali, e, in
circostanze del tutto favorevoli al proletariato - che dal punto di vista
teorico non possiamo scartare per un futuro distante - anche per via pacifica.
In particolare nei paesi a capitalismo avanzato - come il
nostro – i comunisti m-l ritengono che la via da seguire sia quella leninista
che consiste nell’accumulo di forza e nello sviluppo del livello di
organizzazione e coscienza tra gli operai, nel saper condurre la classe operaia
e le masse popolari su posizioni sempre più avanzate. In presenza di una
situazione rivoluzionaria (sul significato di “situazione rivoluzionaria”
rimandiamo al n. 7 di Teoria & Prassi) ciò significa saper organizzare e
concentrare - specie nelle principali città - le diverse manifestazioni della
lotta di classe (scioperi, dimostrazioni, boicottaggio, azioni rivoluzionarie,
partecipazione agli istituti rappresentativi, ecc.) fino all’attacco decisivo,
all’insurrezione delle masse sfruttate ed oppresse contro il potere borghese
che impedisce l’inevitabile trasformazione sociale.
Ciò comporta sul piano politico il passaggio diretto
alla dittatura del proletariato. Scopo del potere proletario è la distruzione
dalle fondamenta del sistema capitalistico basato sullo sfruttamento dell’uomo
da parte dell’uomo e l’edificazione della società pianificata dei produttori,
il socialismo.
Sostenendo la tesi della molteplicità delle forme di
sviluppo dei processi rivoluzionari (siano essi socialisti o
democratico-borghesi) e apprendendo continuamente dall'esperienza concreta
delle rivoluzioni per trarne vantaggio, i comunisti si trovano spesso a contrastare
due gravi deviazioni.
La prima è quella sostenuta dagli opportunisti di destra, i
quali attribuiscono un valore assoluto alle peculiarità di attuazione della
rivoluzione nei vari paesi, e finiscono per dichiarare che ogni paese avanza
verso il socialismo seguendo una propria via particolare (in Italia è ben nota
la "via togliattiana"). In questo modo essi finiscono per negare le
leggi generali del passaggio dal capitalismo al socialismo (direzione delle
masse lavoratrici da parte della classe operaia, alleanza fra la classe operaia
con gli altri strati di lavoratori oppressi e sfruttati, necessità della
dittatura del proletariato, soppressione della proprietà borghese dei
principali mezzi di produzione, sviluppo pianificato dell’economia, liquidazione
dell'oppressione nazionale, ecc ecc.) portando acqua al mulino.delle classi
proprietarie.
La seconda deviazione è quella sostenuta dagli opportunisti
di sinistra che assolutizzano ed universalizzano una particolare forma assunta
nel passato da un processo rivoluzionario, sostenendo che tale è la forma
tipica che devono assumere le rivoluzioni in tutti i paesi del mondo e che
dunque le cose non possono andare altrimenti.
Nel presente articolo ci soffermiamo in particolare su un
esempio di quest'ultima deviazione dal marxismo-leninismo.
S |
econdo alcuni gruppi che sui richiamano
espressamente al pensiero di Mao, considerandolo il nuovo, terzo e più alto
stadio del marxismo, la guerra popolare prolungata (GPP) ha validità universale
ed è la linea da adottare in tutti i paesi, tenendo conto del differente
carattere delle rivoluzioni e delle loro condizioni specifiche. A loro dire la
GPP rappresenta inoltre la più alta strategia militare del proletariato
internazionale e dei popoli oppressi, completamente sviluppata ed applicabile
ovunque.
Si tratta di una concezione – e di una pratica
connessa - che trova un certo seguito anche in Italia e che influenza in modo
negativo, come ci accingiamo a dimostrare, le dinamiche della lotta di classe
ed il processo di ricostruzione del partito comunista.
Dovendo affrontare la bruciante questione delle
solide fondamenta teorico-politiche-organizzative e programmatiche su cui
ricostruire il partito e della definizione della strategia rivoluzionaria in un
paese come il nostro, non possiamo evitare di trattare questioni di importanza
capitale come quella della GPP. Ciò in quanto, oltre ai gruppi che nel nostro
paese fanno propria questa linea, bisogna considerare che si trovano sotto
l’ascendente della teoria della GPP diversi compagni che militano nelle più
diverse formazioni politiche, i quali identificano questa strategia per
antirevisionismo e considerano superata e inadeguata la strategia
insurrezionale.
Noi diamo grande importanza al rapporto con i
compagni proletari che vogliono ricostruire il partito comunista,
indipendentemente dalla loro attuale collocazione. E’ nostro interesse porre la
questione dell’unità dei comunisti su giuste basi, superando le divisioni
formali e il vecchio settarismo. Per questo è necessario diradare la nebbia che
ancora avvolge la coscienza di molti compagni ed impedisce loro di veder
chiaro, sottoponendo alla critica militante le fumose teorie antileniniste.
Non possiamo inoltre sottovalutare l’enorme
importanza che assumono tali questioni oggi, all’inizio di un secolo che si
annuncia come un periodo di aggravamento senza precedenti della crisi generale
del capitalismo, di guerre e di rivoluzioni, in cui la borghesia imperialista
si troverà sempre più in difficoltà ed il proletariato trionferà.
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