Editoriale
ANCORA SUI
NOSTRI COMPITI
Gli elementi essenziali
della vita sociale e politica ci dicono che il lungo periodo caratterizzato
dallo sviluppo pacifico e dalle illusioni sui miglioramenti economici,
dall'opportunismo e dai giochi parlamentari, appartiene al passato.
La crisi generale
dell’imperialismo si approfondisce in ogni suo aspetto (economico, politico,
culturale, morale, ecologico, sanitario, familiare, ecc.). Le contraddizioni
del capitalismo monopolistico non sono più in grado di essere contenute entro
le tradizionali istituzioni e metodiche borghesi. Ciò ha portato all’avvio
della “guerra permanente” condotta dall’imperialismo USA, all’intensificazione
della lotta fra le potenze capitaliste per le sfere d’influenza.
Nondimeno ha portato al
risveglio spontaneo del movimento di classe e popolare in molti paesi, fra cui
il nostro. Un movimento che aspira – ancora in maniera confusa - ad uscire da
un mondo caratterizzato, dallo sfruttamento, dalla miseria, dalle guerre ingiuste,
dall’incertezza, dalla devastazione sociale e ambientale, dai crimini e dalle
malattie senili del capitalismo.
Come abbiamo evidenziato
nei precedenti numeri della rivista il periodo che abbiamo davanti ha un
potenziale rivoluzionario addirittura maggiore di quelli precedenti, non solo a
causa delle condizioni in cui versano i popoli nei paesi dipendenti ma
soprattutto per lo sviluppo del proletariato nei paesi capitalisti.
Questi
fatti, il mutamento che deriva dall’aprirsi di un nuovo periodo di aggressioni
imperialiste e di lotta di classe aperta, dimostrano l’importanza per il
proletariato di riconquistare una completa indipendenza di fronte a tutte le
altre classi, pena l'andare incontro a cocenti sconfitte.
E'
il corso stesso degli avvenimenti - contraddistinto dall'aggressione borghese
alle condizioni di lavoro, alle conquiste proletarie, alla libertà ed
indipendenza dei popoli, per puntellare un ordine sociale vacillante - che
dimostra l’impossibilità di una via riformista e pone di fronte alla classe
sfruttata compiti irrisolvibili con i precedenti strumenti
politico-organizzativi. Perfino Pintor, nel suo editoriale-testamento, ha
riconosciuto che ”la sinistra italiana che conosciamo è morta.…Ha raggiunto un grado di
subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto
di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno...”.
Ciò rende ancor più vitale
la questione del partito di tipo nuovo, leninista, che rompa definitivamente
con l'ideologia, l'organizzazione e le tendenze socialdemocratiche, che elabori
la piattaforma politica della lotta per una società senza sfruttamento, il socialismo, che sia capace di mobilitare
ed organizzare la classe operaia e le masse popolari in tale lotta.
Senza
questa direzione rivoluzionaria, che manca nel nostro paese da oltre mezzo
secolo, è impossibile allontanare il movimento operaio dalle tendenze borghesi
ed attirarlo sotto le bandiere del socialismo proletario; è impossibile
dirigere ideologicamente e politicamente gli sfruttati e gli oppressi nelle
diverse fasi della lotta di classe, organizzare ed unire la classe operaia ed i
suoi alleati nella lotta per la conquista del potere politico e la costruzione
del nuovo mondo socialista.
SEGUE
NELLA RIVISTA