AI NOSTRI
LETTORI
A cinque anni di distanza
dalla comparsa della nuova serie di “Teoria & Prassi” sentiamo la necessità
di fare un bilancio della nostra attività, sottoponendo a verifica gli strumenti
editoriali che abbiamo utilizzato finora, per dotarci delle forme più efficaci
per compiere il nostro lavoro di agitazione e di
propaganda.
I comunisti – è questa una
grande lezione che scaturisce dalla nostra storia – devono essere intransigenti
nei principi e, al tempo stesso, estremamente duttili nelle forme di intervento
esterno, senza mai fossilizzarsi su quelle decise in una determinata fase, ma
plasmandole continuamente alla luce delle esigenze della lotta di classe, per
dirigerla verso il nostro obiettivo fondamentale: la costruzione del socialismo,
di una società liberata dai ceppi capitalistici e riorganizzata, attraverso la
proprietà e l’impiego collettivo dei
mezzi di produzione, per
soddisfare i bisogni materiali e
culturali dell’intera società e non per le esigenze di profitto che quei
bisogni negano.
I nostri lettori, i compagni
che ci hanno seguito assiduamente nel corso di questi anni hanno visto che
abbiamo prodotto manifesti, volantini, opuscoli, ma soprattutto abbiamo
incentrato il nostro lavoro sulla rivista facendole compiere un notevole salto
di qualità.
E’ aumentato il numero di
pagine, siamo passati dalle poche copie prodotte in copisteria alla
realizzazione tipografica con un ampliamento della tiratura e della
distribuzione; ma il dato più importante è rappresentato dalla maturazione,
pazientemente ricercata e conseguita, di un’elaborazione teorica e di una
pratica politica comuni, che percorre ogni singola nostra presa di
posizione.
Nel definirci sempre più
nettamente e risolutamente rispetto le altre correnti, abbiamo sperimentato su noi
stessi che unire le forze non significa addizionarle bensì moltiplicarle, in
termini di qualità, prima ancora che di numero. L’unità delle forze, fondata sul
marxismo-leninismo, per noi ha significato il passaggio da una fase precedente
in cui esistevano piccoli aggregati limitati - per forza oggettiva di
cose, ad una pratica e ad un’elaborazione settoriali, locali o, addirittura,
individuali – alla costruzione di una rivista che rappresenta per tutti noi una
continua scuola di formazione, che ha disciplinato le nostre forze ed ha
incanalato le nostre energie verso un indirizzo ed un metodo di lavoro
collettivi, con un obiettivo nitidamente delineato: lavorare per restituire al
comunismo il suo significato autentico e la sua dimensione organizzata, il
partito comunista.
In questi anni non abbiamo
mai avuto la tentazione di autoproclamarci partito, al
contrario di altri che si sono frettolosamente e narcisisticamente incensati di questo appellativo, perché
non intendiamo confondere un traguardo strategico, che ci poniamo, con la realtà
presente.
Per arrivare al partito non
manca solo il numero degli aderenti, che danno la forza fondamentale per
promuovere un intervento politico adeguato; mancano le condizioni di un decisivo
superamento della frammentazione e delle debolezze teoriche, politiche e
programmatiche che caratterizzano l’attuale situazione.
Per arrivare a tale
superamento occorre certamente riallacciarsi alle lezioni consegnateci da chi,
nel secolo scorso, ha saputo resistere e contrapporsi alle deviazioni
revisionistiche e al riformismo. Ma ciò non basta: è oggi necessario combattere
su due fronti. Da un lato chiamando alla rottura definitiva con l’opportunismo,
lo spontaneismo, l’economicismo; dall’altro valicando le debolezze e le
contraddizioni connesse a quella fase storica - ci riferiamo, soprattutto,
all’esperienza della rivoluzione cinese e del maoismo – che spesso vengono radicalizzate ed assunte a caratteristiche distintive e
discriminanti di diversi gruppi (pensiamo al proliferare di terze e superiori
tappe, all’ipostatizzazione del Gonzalo-pensiero,
all’acritica assunzione della via nepalese al socialismo, alle vicende convulse
dei tanti partitini maoisti, all’avventurismo senza
sbocchi).
Siamo inoltre determinati a
mettere il dito sulla piaga, con la franchezza che deve contraddistinguere i
comunisti. Oggi in Italia operano una miriade di gruppi e semigruppi che si
caratterizzano per una sostanziale imbalsamazione delle proprie strutture,
finora impermeabili alle richieste di “contaminarsi”, di uscire dall’orticello e
dallo spirito di setta.
Il nemico di classe non ha
bisogno di favori; il più grande di essi sarebbe
tergiversare ancora nella dannosa pratica delle “parrocchie” e delle “organizzazioni virtuali”
in cui si riflettono non solo il settarismo ed il dogmatismo
piccolo-borghesi ma anche l’angustia e le miserie di quanti si rifiutano di inquadrare e
dirigere in modo rivoluzionario la realtà, dal momento che essa non coincide con i loro
schemi idealisti.
Molti compagni ci domandano: quando sarà possibile superare l’attuale situazione di frammentazione ed arrivare alla costituzione del partito comunista? A quest’interrogativo, che va al cuore del nostro attuale lavoro, rispondiamo che i tempi della costruzione del partito sono scanditi dall’unione di due elementi: la volontà rivoluzionaria dei comunisti e la maturazione della lotta di classe verso il rovesciamento della prassi.
Se si sopravvaluta
l’elemento soggettivo, deformandolo, si finisce per considerare il partito come
qualcosa di mitico, di astratto, che si formerebbe come emanazione della volontà
di alcuni rivoluzionari, indipendentemente dallo sviluppo della lotta di classe.
Se non si comprende questo
rapporto dialettico che lega il tempo della costanza e della passione
rivoluzionaria con il tempo delle classi, non si comprende la realtà e
l’impazienza e le speranze precoci sfociano nella demoralizzazione e
nell’abbandono della lotta.
Antonio Labriola aveva ben compreso quest’aspetto e scriveva nel
1899: “le ardenti, e vive e frettolose
aspettazioni di alcuni anni fa – le
aspettazioni troppo precise nei particolari e nel colore – danno ormai di cozzo
nelle più complicate resistenze dei rapporti economici e nei più intricati
ingranaggi del mondo politico. Ora quelli che non hanno il modo di mettere
all’unisono il loro tempo psicologico (il che vuol dire [...] la pazienza e lo spirito di
osservazione) col ritmo del tempo delle cose, si stancano a mezza via e
si mettono fuori dalle linee.” (A. Labriola, Polemiche sul socialismo).
Il processo che ha portato alla costituzione del Partito Comunista d’Italia, nel gennaio 1921, rappresenta la nitida concretizzazione dell’insegnamento di Labriola; è stata, appunto, l’unione tra le esigenze che la lotta di classe aveva espresso, a livello nazionale ed internazionale, sul finire del secondo decennio del secolo passato, e la passione rivoluzionaria dei militanti comunisti che spinse in modo decisivo verso la rottura con le direzioni riformiste e la costruzione del partito del proletariato.
La fase attuale spinge “il
tempo delle cose” verso una progressiva acquisizione di coscienza da parte del
proletariato. Ancora Labriola, nello stesso scritto
osservava: “I soli proletari possono contare sul tempo indefinito, e solo
essi sono e cresceranno indefiniti di numero. Si complichi pure, come e quanto
si vuole, il sistema capitalistico, esso non può fare a meno di moltiplicarli
ed educarli”; ciò è drammaticamente vero e visibile
nella realtà odierna in cui i margini di mediazione tra le classi sono pressoché
inesistenti e il cuscinetto rappresentato dallo stato sociale rappresenta un
ricordo di un passato ormai morto e sepolto.
Il capitalismo può mettere in atto
tutte le manovre possibili ed immaginabili per cercare di mimetizzare la
sua crisi ma non può scongiurare le due tendenze fondamentali che gli saranno
fatali: l'ineluttabile e crescente aggravarsi delle contraddizioni intrinseche
alla sua natura e l'estendersi del soggetto storico antagonista: il
proletariato.
Il governo
Prodi,
nelle sue funzioni di “comitato d’affari della borghesia”, per utilizzare una
calzante definizione leniniana, sotto la pressione
della Confindustria, della Banca Centrale Europea e
del Fondo Monetario Internazionale spinge in avanti l’attacco alle condizioni di
vita del proletariato, relegandolo ai limiti della stessa sussistenza.
Di fronte agli attacchi
subiti – come precisiamo più approfonditamente in un altro articolo pubblicato
in questo numero della rivista – il proletariato non resta indifferente ed è
ritornato sulla scena politica come portatore di interessi antagonistici a
quelli del capitale. E’ qui che si innesta il nostro lavoro di comunisti; la
ripresa del proletariato certamente favorisce questo lavoro, ma non può
sostituirlo.
Dobbiamo avere la capacità
di cogliere che le differenziazioni all’interno del proletariato tendono a
ridursi man mano che si intensificano gli attacchi della borghesia; operai di
fabbrica, precari, lavoratori in nero, immigrati,
pensionati vengono sempre più avvicinati tra loro nelle condizioni materiali di
sfruttamento e di vita, pur venendo artificiosamente contrapposti l’un l’altro
dalla propaganda borghese.
Il nostro problema, il problema dei comunisti, è fare in modo che il proletariato possa andare alle battaglie che lo aspettano non in ordine sparso, non attraverso fiammate prive di prospettiva, ma disciplinato attorno ad un programma rivoluzionario e con la propria organizzazione politica.
Il grado di avanzamento
dell’attacco antiproletario è tale da rendere facilmente smascherabile la vera
natura di due partiti sedicenti “comunisti” che si spacciano ancora per “tutori
dei deboli” stando nel governo voluto da Montezemolo,
che non fanno altro – con le cosiddette manifestazioni “di lotta e di governo” –
che far scaldare i muscoli alle masse per poi lasciarle eternamente in panchina.
Oggi i proletari vogliono entrare in gara, esprimono tutta la loro rabbia. Il
problema non è se questa rabbia diventerà movimento rivoluzionario di massa, ma
quando e in quali condizioni si svolgerà tale movimento nel nostro paese; il problema è trovarsi pronti per
approfittare dell’acuta crisi di egemonia della classe dominante.
Ne consegue che le nostre
limitate forze non vanno certamente messe in congelatore, aspettando “tempi
migliori”, ma devono diventare parte attiva dello
scontro di classe, convinti come siamo che la rivoluzione socialista non è una
rottura epocale che viene dal nulla, ma il punto culminante di un processo
storico che si sviluppa tra le masse e che tocca ai comunisti anticipare,
interpretare, dirigere fin dai suoi primi passi.
Da qui la necessità di
dotarci di strumenti che ci consentano di espletare al meglio il nostro lavoro e
i nostri compiti.
A partire da quest’anno
“Teoria & Prassi” uscirà con una consistente pubblicazione dedicata alla
ricerca teorica, alla valorizzazione e
alla applicazione creativa del fecondo patrimonio scientifico forgiato
dai nostri classici, all’analisi
di classe e della realtà nella quale si realizza il processo rivoluzionario, al
dibattito ed alla lotta ideologica contro il revisionismo e l’opportunismo,
alla risposta rivoluzionaria ai nuovi
fenomeni economici, sociali e politici, all’approfondimento storico dei
nodi fondamentali dello scontro con la devastante propaganda borghese ed
anticomunista, alla documentazione internazionale.
Nel solco del nostro lavoro anche il numero annuale di “Teoria & Prassi”, redatto secondo le caratteristiche che abbiamo appena precisato, non sarà sede di esternazioni fini a se stesse, ma il laboratorio teorico per l’elaborazione dell’«astratto», delle categorie che ci serviranno come guida per cambiare il «concreto», la realtà disumana che ci impone il capitalismo.
Accanto alla rivista
produrremo come supplemento un
foglio politico, che invieremo ai nostri abbonati e su cui chiediamo a tutti i
compagni che seguono il nostro lavoro di esprimersi con i loro suggerimenti, con
le loro proposte e, anche, con le loro critiche.
Nel
corso del 2007 contiamo di far uscire i primi numeri del foglio politico. Questa
nuova pubblicazione non sarà un insieme sconnesso di “gridi” per un “nuovo mondo
possibile”. Sarà uno strumento di partecipazione diretta alla ripresa del
movimento proletario e popolare
contribuirà a dargli coscienza, programma, spirito di organizzazione, fini
socialisti. Sarà un mezzo per unire e trasformare i circoli, i gruppi, i
comitati ed altri singoli reparti e nuclei avanzati della classe operaia, per
continuare la lotta contro le tendenze che negano i compiti politici ed
organizzativi e spingere verso la formazione di un germe del futuro partito
comunista che si sviluppi nel movimento operaio. Servirà inoltre a dare impulso
alla creazione di un vero giornale politico nazionale, di cui chiaramente non
possono esservi surrogati.
Proponiamo di chiamarlo
“Scintilla” non solo in omaggio verso la testata rivoluzionaria leninista, ma
soprattutto perché questo titolo sintetizza adeguatamente il nostro compito
attuale: “dare fuoco” alle energie, liberare le enormi
risorse in termini di lotte per la trasformazione sociale che hanno i
proletari.
Questo è il nostro
indifferibile, irrinunciabile, attualissimo impegno.